Il 4 luglio le forze della repressione hanno sgomberato il centro popolare occupato Gramigna in quartiere Forcellini a Padova. L’azione ha visto il dispiegamento di digos, polizia, carabinieri, protezione civile e operai comunali, che hanno operato la chiusura totale della strada e l’abbattimento dello stabile. Questa operazione è ovviamente stata pagata con soldi pubblici e ha provocato diversi disagi agli abitanti del quartiere, alla linea dell’autobus e a tutti quelli che con le proprie auto si recavano al lavoro.
La logica speculativa che ha lasciato lo stabile al degrado per numerosi anni prima dell’ultima occupazione è la stessa che, nei quartieri come all’interno delle università, trae profitto ed interessi nel lasciare stabili abbandonati al degrado causandone la diminuzione del valore commerciale per poi rivenderli a prezzi minori ai privati o agli enti pubblici di turno. La stessa logica che non ammette che questi spazi vengano occupati e riaperti per la collettività e che vengano sottratti a ragnatele per fornire un posto dove promuovere una diversa socialità, attività politiche e culturali non ingabbiate nelle maglie del sistema del profitto.
Nella situazione attuale, in cui la classe dominante scarica i costi della crisi sulle spalle delle classi popolari con aumento dei costi dei servizi quali: sanità, tasse scolastiche, rette universitarie e trasporti pubblici, occupare significa conquistare uno spazio dove pensare una società diversa da quella attuale e trovare le modalità con cui organizzarne il superamento. L’ennesimo atto repressivo avvenuto nei confronti del centro popolare, dal nostro punto di vista esemplifica il costante tentativo di spegnere ogni forma di lotta allo stato delle cose e rappresenta un attacco diretto a colpire tutte le forme di autorganizzazione che partono dai quartieri, dalle università o dai picchetti fuori dalle fabbriche.
Lo scopo è quello di creare terra bruciata attorno alle singole realtà in lotta in modo da isolarle e farle passare per gruppi minoritari di violenti, facinorosi o terroristi. Quando lo Stato agisce in questo senso non distingue la fabbrica occupata dal corteo studentesco o l’occupazione a scopo abitativo da un centro popolare, la risposta è sempre la stessa per tutti: repressione e violenza.
Per rispondere prontamente a questo tipo di attacchi e per portare degli avanzamenti nella lotta è necessario ricostituire l’unità tra tutte le realtà autorganizzate, rilanciando la pratica della solidarietà di classe , facendo capire ai dominanti dei palazzi del potere, ai padroni e ai rettori di turno che se colpiscono anche solo uno di noi, in realtà colpiscono tutti noi e la nostra risposta sarà comune e unica.
SOLIDARIETÀ AL CENTRO POPOLARE OCCUPATO GRAMIGNA