4 Novembre_GUERRA ALLA GUERRA

Il 4 novembre 2009 il Collettivo 808 è sceso in piazza, anzi in via Marzolo a Padova, davanti alla mensa Marzolo, sulle scalinate della casa dello studente Fusinato, chiusa, abbandonata e lasciata cadere a pezzi per parlare di guerra, parlare e riflettere sulla guerra. Lo abbiamo fatto organizzando una serie di letture che accompagnavano una mostra fotografica. Nel frattempo sono state distribuite agli studenti copie del volantino scritto per la giornata. 

 

IL VOLANTINO


4 novembre 1918, finisce la prima guerra mondiale. Finisce una guerra che ha visto 65 milioni di uomini abbandonare le proprie famiglie per raggiungere il fronte. Una guerra che è costata 8,5 milioni di morti (a cui vanno aggiunti i dispersi), 21 milioni di feriti (in buona parte invalidi), distruzione ed eccidi senza precedenti, che hanno coinvolto non solo gli eserciti ma interi popoli. Questo è il 4 novembre: la fine di una tragedia. E questo ha significato per milioni di uomini e donne che hanno vissuto questi eventi sulla propria pelle.
Adesso il 4 novembre è la festa delle Forze Armate. La fine della prima guerra mondiale viene celebrata da tutte quelle istituzioni che permettono e giustificano, nel passato come nel presente, il perpetrarsi di tali massacri. Durante queste manifestazioni, intrise di militarismo e patriottismo, non c’è spazio per un ricordo autentico della sofferenza causata dalla guerra e di tutte quelle manifestazioni di rifiuto alla guerra. Non si ricordano infatti le insubordinazioni dei militari che si rifiutarono di combattere una guerra tra povera gente: i tribunali militari istruirono 340000 procedimenti, per lo più per diserzione e rifiuto di obbedienza, segno di un generale malcontento. Pochi andavano al fronte per amor di patria! Ma oggi siamo in piazza anche per ricordare che i conflitti non sono relegati al passato; infatti i “nostri ragazzi” sono presenti in 21 Paesi. Lo stato di guerra non è l’eccezione per una nazione ma è prassi. Infatti la guerra non è solo sinonimo di bombardamenti, campi di battaglia, genocidi (che comunque continuano ad esserci) ma sempre più imposizione di uno stile di vita, limitazione di qualsiasi espressione di libertà e di forme di autorganizzazione. I soldati che girano per le strade di Kabul sono gli stessi che troviamo nella nostra città a Padova, che presidieranno i siti individuati per le centrali nucleari, che entrano nelle scuole in Lombardia. In questo contesto si inserisce anche la realizzazione dello scudo spaziale (il Meads) che avrà il centro di coordinamento a Padova in via Altinate. Il finanziamento di 131 cacciabombardieri F-35 con un costo di 15 miliardi di euro complessivi e la realizzazione della nuova portaerei Cavour dal costo di 1,4 miliardi di euro (mentre contemporaneamente proseguono i tagli alla scuola e alla sanità) ci fanno capire quali sono le priorità del nostro Paese.
agli interessi del capitalismo di volerci sempre
più asserviti, ignoranti e impauriti
rispondiamo con un SIGNORNO’!

IL VOLANTINAGGIO E LA MOSTRA


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Queste righe sono da considerarsi insieme alla mostra come presentazione alle immagini, sono le parole che scriviamo sicuri comunque che le poche immagini proposte parlino da sole.

 
…a tutti quelli che ancora pensano

 

Le immagini che vengono qui mostrate sono state selezionate dal libro “Guerra alla guerra” di Ernst Friedrich, antimilitarista tedesco, che decise di rifiutare la chiamata della Patria durante la prima guerra mondiale. Con questo lavoro cercò di documentare l’orrore quotidiano della guerra, in contrapposizione alla rappresentazione edulcorata della propaganda statale. Allo spirito gioioso delle parate cittadine, Friedrich contrappone la desolazione delle fosse comuni. Alle onorificenze per i meriti sul campo, Friedrich contrappone le ferite e mutilazioni guadagnate sul campo. Ad un posticcio amore per la patria Friedrich contrappone un disperato amore per la vita. Questa è la guerra e i colpevoli di tutto ciò non vengono certo nascosti dalle fotografie, essi sono: gli ufficiali, le alte cariche militari, la monarchia e il governo.
Perché abbiamo deciso di presentare questo lavoro? Non vogliamo limitarci a mostrare gli effetti sociali e umani della guerra, considerandola come una cosa inevitabile e lontana da noi. Riteniamo infatti importante sottolineare anche le responsabilità di ciascuno, ieri come oggi. In una epoca in cui le libertà individuali e collettive vengono sempre più limitate, dove il “diverso” è sempre il nemico, dove la sola esistenza di un immigrato implica l’infrazione della Legge, dove la guerra è sempre più vicina a noi, ci viene spontaneo evidenziare l’importanza di azioni che spingano in direzione contraria rispetto a quella dominante.
Friedrich fu internato in un manicomio per la sua azione. Anche in Italia vi furono esperienze parallele come quella di Augusto Masetti che rifiutandosi di prender parte all’impresa libica fu considerato un “soggetto degenerato”, questa è anche la storia di molte persone che decidono di rifiutare il proprio appoggio all’esercito americano, come Joshua Key costretto a evadere verso il Canada per evitare il carcere. La diserzione non è solamente rifiuto alla partecipazione diretta alla guerra: disertare significa anche non dare il proprio contributo a tutte quelle strutture e ideologie che la preparano. Le 33 missioni attualmente intraprese dalle Forze Armate italiane sono appoggiate da laboratori di ricerca privati e pubblici (come all’interno delle Università), fabbriche di armi, campi di addestramento ecc. Sebbene il fine sia quello militare, il tutto è sostenuto da civili e quindi in pratica da un certo tipo di società. In un tempo sempre più normalizzato e insensibile alla sua militarizzazione, la diserzione diventa un gesto umano all’interno di un mondo svuotato di ogni umanità.
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MARCITE SU ROMA!

Il 28 Ottobre del 1922, si
svolse la marcia su Roma, un giorno che rappresenta uno spartiacque
nella storia del nostro paese e che ne avrebbe indicato le condotte
future dei vari attori sociali.

Infatti, occorrerebbe ricordare
più spesso come la tanto decantata marcia per il ripristino dell’ordine
sociale, fu patrocinata dai grandi industriali (basti pensare che la
famiglia Agnelli pagò di tasca loro i treni provenienti da Milano)
spinti dalla paura di perdere le loro rendite parassitarie, causata
dalle rivolte operaie e contadine che chiedevano terra, pane, dignità
ed una società più giusta senza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Non dobbiamo neanche dimenticare
che l’artefice dell’iniziativa, Mussolini, al contrario di quanto
comunemente viene sostenuto, si trovava al confine pronto a fuggire,
qualora la marcia fosse stata dichiarata fuori legge e sarebbe partito
un mandato di cattura per lui; così come va rimarcato la complicità 
della classe dirigente, che non esitò a consegnargli il governo del
paese, legittimando ulteriormente le pratiche  squadristiche e
prevaricatrici, erigendole a colonne portanti dello status-quo.

Guardando la realtà materiale
dei giorni nostri, possiamo tristemente constatare come a dispetto delle
forme, nella sostanza molto poco sia cambiato: da un lato i nostalgici
del ventennio continuano a praticare la caccia al diverso,  qualunque
esso sia, tutt’ora tutelati dalle istituzioni che concedono loro sempre
più spazi, mentre contemporaneamente reprimono le forze antifasciste
( il caso delle cariche della polizia il giorno del ricordo delle foibe;
le piazze ed i parchi concessi per i raduni ed i cortei nazionali di
formazioni dichiaratamente fasciste in questa città ne sono un caso
emblematico); tutt’ora  foraggiati dal ceto imprenditoriale che
li finanzia ed in cambio ottiene dei fedeli cani da guardia.

Come se non bastasse, l’azione
di questi rifiuti della storia si coniuga perfettamente ad un altro
tipo di fascismo, forse ancora più viscido: quello in doppio petto
filtrato nelle istituzioni che colpisce dispoticamente ed arbitrariamente
le fasce più deboli di popolazione e quelle potenzialmente più irrequiete
ed incontrollabili ( ed è anche in questa chiave  che va letta
lo svilimento delle università, di cui l’ultimo ddl di questi giorni
non è che l’ennesimo passo verso la creazione di una cultura asservita
alle necessità delle aziende e del potere dominante, perdendo di fatto
ogni autonomia intellettuale); il tutto sfruttando abilmente l’apatia,
la rassegnazione ed il qualunquismo dilagante tra la gente , grazie
ad una poderosa campagna mediatico-culturale senza esclusione di colpi.

Ancora una volta il silenzio
è complice della degenerazione, perciò ancora una volta
chi non è disposto a chinare il capo o a girarsi dall’altra
parte, siano essi lavoratori o studenti, deve riunire le proprie forze
e fare si che questo passato, che ha riempito di infamia la nostra storia,
smetta di ripresentarsi davanti ai nostri occhi, ma resti solo un putrido
ricordo destinato a marcire.

CONTRO I FASCISMI DI OGGI
PARTIGIANI SEMPRE!!


 

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