Domenica 3 luglio 2011: No Tav – la valle che resiste

Esprimiamo piena solidarietà militante a tutto il popolo No Tav e agli abitanti della Val di Susa, in particolar modo a chi ha manifestato il proprio dissenso contro la realizzazione di questa “grande opera” ed è rimasto ferito o è stato arrestato durante la mobilitazione di domenica 3 luglio.

Questa è stata la punta più alta di un’opposizione al progetto della Tav che nasce circa vent’anni fa su un terreno già fertile: quello dell’opposizione alla costruzione della ferrovia e dell’autostrada, che ha rovinato un valle intera. L’opposizione è nata dagli abitanti della valle e dei luoghi limitrofi, si è sviluppata e rafforzata grazie all’appoggio di tutta la popolazione, della sua determinazione a non voler far passare questa “grande opera” e grazie al lungo e paziente lavoro che numerosi compagni hanno portato avanti in quel territorio.

Dopo anni di annunci, rinvii, proclami vari e contemporaneamente di proteste e di battaglie, arriva la notizia dell’imminente inizio dei lavori di recinzione del cantiere per la galleria esplorativa a Chiomonte (cunicolo esplorativo con un foro di piccolo diametro, 4/5 anni di lavoro e 275.000 metri cubi di materiale estratto da stoccare nelle vicinanze del sito), cantiere che doveva essere aperto entro il 30 giugno 2011, per gli accordi presi con la Ue. Parte così nei giorni scorsi la mobilitazione attiva per impedire l’inizio dei lavori e l’assemblea No Tav decide di presidiare permanentemente l’area in cui sorgerà il cantiere. Dal 24 maggio nasce la “Libera Repubblica della Maddalena” che viene sgomberata con l’uso della forza e della violenza degli sbirri il 27 giugno, dopo le dichiarazioni di Fassino, che chiedeva a gran voce al ministro Maroni tutti gli atti necessari per iniziare i lavori, compreso l’invio dell’esercito.

La volontà di riprendersi il presidio e di bloccare il cantiere era chiara, nessun compromesso e nessuna trattativa, la valle non si tocca, “riprendiamoci il presidio della Maddalena” erano le parole d’ordine. Questa volontà è unanime, da chi ha manifestato lungo le strade per arrivare nella zona del cantiere, a chi ha deciso di scendere tra i boschi, come partigiani, per difendere la propria valle dalla deturpazione della linea Torino – Lione. La mobilitazione di domenica ha dato un esempio di grande unità popolare. Nessuna divisione, ne buoni ne cattivi, ma tutti uniti e consapevoli che la lotta è l’unico strumento. Questo ha dimostrato chiaramente che chi oggi lotta, facendo scelte radicali ed usando ogni mezzo a disposizione, è interno alle lotte popolari e non esterno o “infiltrato” come si sono affrettati a scrivere e dire i pennivendoli di regime, che hanno filtrato il più possibile le notizie per non far vedere cosa stava accadendo in realtà: la gente che si difende dalla violenza della polizia!

Domenica 3 luglio è stata una vittoria perché c’è stata la capacità di resistere e di non arretrare, portando a casa un bilancio relativamente basso di feriti e di arrestati e per la prima volta sono state le forze dell’ordine ad assaggiare la rabbia degli abitanti della valle e di tutti i solidali che in questi anni hanno sostenuto questa lotta.

L’unica violenza è quella della polizia che spara lacrimogeni CS ad altezza uomo, armi chimiche vietate a livello internazionale, che usa gli idranti e lancia le pietre giù dalle strade sulle teste dei manifestanti, che aggredisce signori anziani, che ammazza per le strade, violenta le donne nelle questure, uccide i ragazzi nelle galere, che manganella i precari della scuola e gli operai che protestano, come a Roma e Genova, la violenza è quella  dei militari che bombardano civili, donne e bambini per il profitto del capitale, la violenza è quello dallo Stato e della sua banda armata che opprime una classe sociale con lo sfruttamento e la repressione. La violenza è anche quella quotidiana che porta avanti Napolitano, che si schiera al fianco dei bombardamenti sui civili in Libia e che riceve onorificenze in Israele mentre decine di palestinesi vengono ammazzati.

Al contrario, quella dei manifestati in Val Susa è legittima difesa e resistenza popolare. Qui il tentativo di dividere il movimento è fallito, la storia dei black bloc non ha attecchito poiché la gente stessa e gli abitanti hanno espresso solidarietà e sostegno a chi si è difeso dalle aggressioni delle forze dell’ordine, le quali hanno in maniera illegittima occupato la valle per difendere gli interessi di chi vuol portare distruzione, devastazione e speculazione. In primis i burattini del Pd hanno cercato di creare distinguo tra i manifestanti e le loro dichiarazioni fanno ben intendere come gli interessi economici di pochi vengano sempre prima di quelli reali e concreti della grande maggioranza della gente e che sono in direzione opposta alla volontà popolare. Ma in Val Susa hanno trovato un muro che non è disposto a cedere, ad abbandonare il terreno e a perdere. Questa  mobilitazione aprirà una nuova fase di lunga resistenza per difendere la valle.

La mobilitazione della valle si colloca a pieno in questo contesto storico, perché il livello di scontro che si è determinato, l’unità e la volontà di resistere sono proporzionali all’aumento della rabbia e del malcontento popolare che aumenta, come dimostrano i casi del 14 dicembre a Roma che ha visto gli studenti e i precari della scuola come protagonisti, degli scontri a Terzigno e negli altri comuni campani contro l’apertura di discariche e inceneritori e degli ultimi avvenimenti che hanno visto in prima linea i lavoratori contro il progetto di chiusura di alcun stabilimenti navali di Fincantieri. Questa è un’escalation che evidenzia come sia sempre più necessario difendere i propri diritti con la lotta e sempre più proletari, giovani, studenti e lavoratori lo stanno capendo, praticando forme spontanee e a volte organizzate di protesta, senza alcuna paura.  Questa è la strada che secondo noi bisogna seguire per allargare e generalizzare le protese, unire i vari fronti di lotta e avanzare nella direzione di un cambiamento radicale di questa società, marcia e classista.

Il TAV è un’opera inutile, costosa, che servirà a distruggere una valle unica.

Il costo globale a carico dell’Italia sulla base dei costi concordati tra Italia – Francia e Ue è di 17 miliardi di Euro, salvo aumenti e incidenti. Soldi che peseranno sulla spesa pubblica per un progetto che dovrebbe svilupparsi entro i prossimi 13 anni (salvo blocchi durante gli scavi per il reperimento di amianto, di uranio e il reperimento di vene d’acqua, tutte cose che potrebbero rallentare la velocità degli scavi prevista per 1,6 metri al giorno).  La Tav sarà un treno merci e quindi servirà ai profitti delle multinazionali, delle imprese e delle industrie, anche se è stato rilevato che tra il 2001 e il 2009 il traffico merci dei tunnels autostradali del Frejus e Monte Bianco insieme  è diminuito del 31% e nello stesso periodo la ferrovia è scesa a livello degli anni 50 (una diminuzione di traffico del 66%). Inoltre ci sarà una pesante ricaduta in termini occupazionali con circa 2000 posti di lavoro a rischio, ci sarà infatti un -15% di occupazione nei settori agricolo, turistico, artigianale e commerciale. Per non parlare del gravissimo danno ambientale che questa porterà, portando con se anche la chiusura di un sito archeologico di grande importanza per la cittadina di Chiomonte, risorsa culturale ed economica a costo zero. La tav è un progetto che serve ai padroni ed ai loro profitti, poiché non porterà alcun vantaggio alle masse e ai proletari, che già oggi viaggiano in treno con gran difficoltà dati i costi proibitivi da elite.

Breve cronologia della lotta No Tav

I primi comitati No Tav nascono agli inizi degli anni novanta: il comitato Habitat è il primo che si inizia a preoccupare della Tav, Treno ad Alta Velocità, e nel 1992 a Bussoleno nasce il primo comitato No Tav.

Da fine agosto 1996 a maggio 1997 si susseguono una decina di attentati. Il primo avviene a Falcemagna di Bussoleno: due bottiglie molotov incendiano una trivella impegnata in rilevazioni geognostiche per la Alpetunnel Geie. Nel corso dei mesi saranno incendiate altre tre trivelle: a Bruzolo, Monpantero e Borgata Cugno.

Sempre a Bruzolo e Monpantero verranno date alle fiamme, rispettivamente, una cabina ferroviaria e una centralina dell’Omnitel. Due bombe incendiarie: contro un edificio della Sitaf e contro la chiesa di Giaglione, dove, sull’autostrada, con la dinamite, viene fatta saltare una centralina elettrica.

Infine, a Monpantero, salta un ripetitore, oscurando le reti Mediaset mentre a Gandoglio sono 12 i canali oscurati.  Nel febbraio del 1998 vengono arrestati 3 compagni anarchici, Maria Soledad Rosas, Edoardo Massari e Silvano Pellissero. Sono accusati di tutti gli attentati e di associazione terroristica. Nel centro sociale di Collegno dove militavano, Casa Okupada, vengono ritrovati oggetti sottratti al municipio di Caprie. In Val di Susa tanti credono all’innocenza dei 3 ragazzi. Dopo un mese di detenzione si suicida Edoardo Massari, seguito a breve distanza da Soledad Rosas. Per i 3 cadranno tutte le accuse tranne quella del rogo di Caprie, per cui rimane in carcere Pellissero. Anni dopo i tre compagni verranno assolti dalle accuse loro mosse.

La storia della lotta No Tav è molto lunga ed è determinata a vincere.

Al fianco di chi resiste e lotta contro speculazioni, devastazioni e militarizzazione.

Solidarietà a tutti i manifestanti feriti!

Solidarietà ai compagni arrestati!

Ora e sempre No Tav!

Compagne e compagni di Padova, luglio 2011


Apprendiamo che da qualche giorno è attivo un conto corrente per sostenere i prigionieri NOTAV attualmente detenuti al carcere di Torino.

POSTEPAY N 4023600576464517 CHIARA SCHIEPPATI

Per mandare telegrammi, lettere e cartoline:

Marta Bifani
Casa circondariale “Lorusso e Cutugno”
via Pianezza 300
10151 Torino

Roberto Nadalin
Casa circondariale “Lorusso e Cutugno”
via Pianezza 300
10151 Torino

Salvatore Soru
Casa circondariale “Lorusso e Cutugno”
via Pianezza 300
10151 Torino

Gianluca Ferrari
Casa circondariale “Lorusso e Cutugno”
via Pianezza 300
10151 Torino

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