Sulle elezioni universitarie

Tra l’ampio astensionismo si sono svolte l’otto e nove Maggio, come ogni due anni, le elezioni studentesche. Liste di destra e liste di sinistra, liste di partito e liste indipendenti, liste lautamente finanziate e liste orgogliosamente autofinanziate, tutte in gara per spartirsi nulla o, tutt’al più, uno stage personale nelle istituzioni accademiche da spendere forse in un futuro da burocrate. A essere precisi, causa slittamenti tecnici, sono passati tre anni e non due dalle ultime elezioni, cosa che ha fatto gridare più d’uno al furto di democrazia. Non ne sentivamo particolare mancanza. Non ci interessa qui discutere dei programmi di questa o quella lista, ne rispondere a chi vorrebbe attribuire al proprio ruolo negli organi accademici il merito di microscopici risultati frutto semmai di mobilitazioni e attività del tutto esterne al suo impegno di rappresentante (aula studio gestita da studenti al Paolotti, apertura di un fantomatico tavolo sulla mensa Marzolo, etc.). Di fronte al processo di riforma dell’università che procede da vent’anni e che già in buona parte ha trasformato i nostri atenei in fabbriche di precari a buon mercato per le aziende, all’aumento vertiginoso delle tasse negli ultimi anni e alla sistematica sottrazione di risorse per il diritto allo studio, chiusura di mense e alloggi, ci viene chiesto di……mettere una scheda e aver fiducia!!! Fiducia non possiamo averne. Non ci aspettiamo niente da questa università-azienda, dai suoi baroni e dagli spazi recintati che mette a disposizione di autoproclamati tribuni. Non ci aspettiamo niente da organi preposti a ratificare, formalizzare e razionalizzare decisioni e processi presi altrove. Se necessario, blindandosi nel Bo protetti dalla Celere come durante l’approvazione del nuovo statuto la scorsa primavera. Non ci aspettiamo niente da un istituzione che dopo aver ipocritamente criticato la riforma Gelmini per un breve periodo e tentato di strumentalizzare il movimento studentesco, si è fatta subito interprete-promotrice di quella stessa riforma. Che inveisce in nome della Cultura, proprio mentre riduce questa a pacchetti di informazioni spendibili solo per un lavoro da precario, aumenta le tasse e chiude le mense. Che lamenta la sottrazione di fondi alla ricerca, ma non esita a tagliare acqua luce e gas a chi decide di dare nuova vita a spazi abbandonati. Chi dice che proprio per fronteggiare tutto questo occorre portare la voce degli studenti nelle stanze blindate del Bo, merita sola una risata. Purtroppo o perfortuna occorre altro.L’introduzione dei rappresentanti studenteschi negli organi d’ateneo non è stata, come molti pur  credono, risultato o sottoprodotto di rivendicazioni studentesche. E’ stata introdotta per legge nel 1995, a ben 5 anni dall’ultimo movimento studentesco (la Pantera), freddamente e dall’alto, col deliberato scopo di legittimare col consenso formale degli studenti le riforme a cui l’università sarebbe andata incontro. Altro che “democrazia studentesca” o altre formule esotiche: semplice cooptazione nel processo di aziendalizzazione! Se snobbiamo e invitiamo a snobbare dunque questo ennesimo appuntamento elettorale, è perché sappiamo che occorre ben altro. Quello di cui abbiamo bisogno ce lo prendiamo, e se non riusciamo a prenderlo, ci organizziamo meglio. Non chiediamo di partecipare alla gestione di un presente che ci incatena; non delegheremo a nessuno la lotta per i nostri bisogni e per i nostri desideri. Abbiamo vissuto e/o abbiamo memoria delle mobilitazioni degli ultimi anni: al contrario di ipocriti e codardi, non ne registriamo il fallimento nel mancato ottenimento dei pallidi (e anche discutibili!) obiettivi che si ponevano; preferiamo costruirne il successo e dargli continuità superandone le limitatezze, attraverso la presa di coscienza che non più è possibile rivendicare diritti particolari e quasi corporativi. Dobbiamo autorganizzarci per prenderci tutto.

 NON DELEGARE LOTTA!

 collettivo universitario 808

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